venerdì 15 marzo 2024

Comunità

Comunità                        

 

Parrocchia, scuola, caserma, azienda, gruppi di scrittura; il bar, la società sportiva. Gerarchie ufficiali o spontanee, comunque presenti. Ruoli: il prete, il capoclasse, il maresciallo e i nonni, il direttore, l’insegnante. Quello più bravo a tresette, il capitano.

C’è quasi sempre anche una divisa, a volte obbligatoria.

Timore di non farcela, odio, invidia, gratitudine.

Il panno ruvido, dove cucire i gradi, lascia un sentore sulla pelle, che si può ritrovare nella penna o sui tasti del PC, anche se le mani sono ormai cariche di rughe.

Il senso di appartenenza è una storia a parte, probabilmente l’unico che si può definire libero arbitrio.

La comunità degli scrittori è un contenitore di emozioni a volte nascoste dentro troppe parole, altre rese essenziali dai versi.

Non so scrivere poesie e non sono capace neppure di leggerle, come ho già detto a qualcuno; eppure mi grattano la pancia: per me sono gli studi che non ho terminato, un libro che non ho il diritto di firmare.

La scrittura è un filo apparentemente sottile per reggere un manipolo disomogeneo, composto da pancette, capelli bianchi, teste pelate e tacchi a spillo; insicurezze e presunzioni quasi sempre sopravvalutate, ma è un filo di seta, tanto prezioso quanto tenace.

Le parole scritte animano scene dove pulsa potente l’amore o la sofferenza; le vie della scrittura sono piene di polvere che la penna solleva e, a volte, riesce persino a far sparire. Gli errori non sono dietro l’angolo, riempiono tutta la stanza, ma sono taumaturgici, capaci di trasformare l’ostinata resistenza di un foglio bianco in un campo di fiori.

La comunione dei fogli è come un podere antico, dove il grano maturava circondato dagli alberi di ciliegio; più vicino alla casa c’era l’orto e la stalla; non tutti hanno la delicatezza necessaria per far crescere pomodori e basilico, e neppure la forza per governare il bestiame, molti si devono accontentare di spaccarsi la schiena spingendo un aratro, senza capire bene cosa getteranno in quei solchi, ma il podere ha bisogno di tutti questi talenti per rimanere fertile.

 

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