lunedì 26 aprile 2021

Una possibile trama

La bocca carnosa, rossa come un semaforo, sollecitava uno stop per ammirare il seno generosamente scoperto; aveva capelli lunghi, più neri degli occhi, che erano grandi e impenetrabili, l'unica cosa che non concedeva. 

Arrivava all'imbrunire sotto al mio balcone, causando spesso tamponamenti tra quelli che frenavano di colpo. 

Mi sorrideva, quando mi affacciavo per fumare una sigaretta. A volte me ne chiedeva una, per poi soffiarmi anelli di fumo che sparivano in fretta, assieme alla mia tentazione. 


Era la terza prostituta con cui mi era capitato di fare amicizia. 

La prima che conobbi era la sorella di un amico, i pomeriggi d'estate li trascorreva al mare con noi ragazzini. 

Steso a fianco di quel corpo che sapevo disponibile, ma irraggiungibile quando ero ancora troppo giovane per essere un cliente, restavo immobile a contemplare tutto quello che il bikini non nascondeva e immaginavo il resto mentre allungavo una gamba fino a sfiorare la sua. 

Lei dormiva. 


La sera poteva accadere di vederla su un marciapiede, ma evitavamo di mostrare la reciproca conoscenza. 

L'estate era per me un appuntamento continuo con un peccato che non consumai.

La seconda era bionda, diafana. 

Trascorrevo la domenica pomeriggio in discoteca assieme agli amici, lei si aggregava spesso. L'unica differenza che vedevamo dalle altre ragazze stava nella certezza che fosse disponibile al sesso. 

A qualcuno concesse un bacio, il resto sarebbe stato lavoro.

Due ragazze costrette a fare la vita quando ancora avevano voglia di normalità. Finirono entrambe morte ammazzate. 


La terza è rimasta, per molti anni, appoggiata al cofano della mia auto. 

A volte mi fermavo a fare conversazione come si fa coi vicini di casa. 

Una sera notò una Fiat Cinquecento parcheggiare vicino alla mia auto, ne scese la mia fidanzata. Feci appena in tempo ad avvicinarmi, prima che potesse prenderla a male parole, scambiandola per una collega.

La sera seguente, mi disse di aver notato che la targa della Cinquecento era della stessa provincia di quella del suo protettore.

«Io e te in amore siamo sfortunati» commentò. 

Capitò anche che allungasse una mano, specificando che si eccitava solo in presenza di banconote. Le offrii la solita sigaretta e me ne andai. Continuammo a vederci ogni sera, dando vita a una parodia del celebre nasone di Rostand, con me al balcone, ma nonostante i ruoli inversi, la trama era simile: io le parlavo, lei sorrideva, un cliente coglieva il frutto.


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