martedì 24 marzo 2020

Chi racconta?

Mi chiamo Guido, ancora ieri ero sicuro che non sarei sopravvissuto. Non so bene come ne sono uscito, certamente la fortuna non c'entra. Vorrei raccontarvi i fatti, perché, se vi dovesse capitare qualcosa di simile, sapreste di dover scappare prima di rimanere intrappolati. Laura è la donna che ha originato la vicenda, una storia piena di colpi di scena. Mauro quello che ci ha cacciato nei guai. Certo, proprio tu, Mauro, con la smania di metterti in mostra agli occhi di Laura, con l'arroganza e l'incoscienza di chi pensa che i soldi risolvano tutti i problemi. 
Se dovessi raccontare tu, diresti che la colpa è mia, che ne siamo venuti fuori grazie a te, che io ho paura anche delle ombre. Tu, bastardo, egoista e presuntuoso, ci hai portato a un passo dalla morte e non sei neppure riuscito a fare innamorare Laura, nonostante racconti il contrario. Credi che non sappia quello che dici di me? Pensi davvero che Laura non mi ami? Aspetta che torni, poi vedremo chi ha ragione.
Laura è in viaggio con Giulio, l'unico uomo che le interessa. Se la storia la raccontasse lei, parlerebbe di due sfigati che, per farsi belli, l'hanno cacciata in un gran casino. Racconterebbe di quanto è imbranato Guido e incosciente Mauro e del fatto che, per fortuna, non dovrà più vederli.
Il primo problema che si deve affrontare quando si inizia a imbastire una storia, ammesso che si abbia qualcosa di avvincente e interessante da scrivere, è decidere chi sarà il narratore. L'istinto porta alla prima persona: “Mi chiamo Guido...”. Sono lo scrittore, mia è la storia, ho il diritto di essere il protagonista, chi meglio di me potrebbe raccontare fatti che mi sono accaduti o che ho semplicemente immaginato? Però il rischio di omettere i miei difetti per esaltare i pregi, è grande, soprattutto è probabile che venga smascherato. Un limite della scrittura in prima persona è che degli altri protagonisti posso citare le frasi, descrivere le azioni, ma di quello che pensano devo fare solo supposizioni. In questo modo il lettore ha un grande potere, sarà lui a decidere cosa anima veramente i personaggi. Naturalmente proverò a ingannarlo, disseminando frasi che inducano a valutare i personaggi come io li ho pensati, ma difficilmente ci cascherà e l'interpretazione non sarà univoca.
Se fosse Laura a raccontare, ma in terza persona, sarebbe il narratore onnisciente che ha facoltà di esporre la verità senza omettere nulla. Darebbe le informazioni necessarie a capire bene i fatti. Potrebbe persino svelare cose non ancora accadute. Spiegherebbe cosa c'è nella testa di ognuno di noi. Bello vero? La vanagloria dello scrittore, capace di entrare nell'anima di ogni personaggio. 
Ma non sono certo di volerlo. Potrebbe fare un quadro di me che mi metterebbe a disagio. Già, se il narratore è onnisciente, ha l'obbligo di mettere a nudo pregi e difetti di ogni personaggio, di entrare nelle loro teste, di farli parlare, ma anche pensare “in chiaro”. Tre personaggi, alla fine, diventeranno tre valutazioni dello scrittore stesso, tre autobiografie malcelate in balia di chi legge.
La terza ipotesi è quella della seconda persona. Racconti tu, Mauro. Ti metterei in bocca quello che mi pare, dalla mia verità ne usciresti distrutto. Anche se parlassi male di me, sarebbe evidente che sei in malafede. È una tentazione forte. La seconda persona stimola i pensieri più arditi. Nascosto dentro alle tue parole potrei osare giudizi, sfuggendo, a mia volta, a quello del lettore. Il soggetto negativo saresti tu, non io che ti ho inventato. La vendetta è un desiderio primario. 
Bel tentativo vero? 
Quale voce preferisce il lettore? Perché parliamoci chiaro, chi ha il libro in mano non è mica stupido! Lo sa bene che in qualsiasi caso sono io a scrivere. Cosa vorrebbe leggere? I goffi tentativi in prima persona di rendere positivo il personaggio di Guido, o la spudoratezza con cui cercherebbe di mettere in cattiva luce Mauro con le sue stesse parole? 
Naturalmente il narratore onnisciente che uscirebbe dalla voce di Laura, sarebbe l'unica verità possibile, ma che senso ha la verità in una storia inventata? È più facile sfuggire alla trappola dell'autobiografia usando la seconda o la terza persona? Oppure qualsiasi tentativo sarà facilmente smascherato? Potrei provare a corrompervi suggerendo che le bugie che racconta Guido, vi permetterebbero un'analisi psicologica dei personaggi più intrigante, più partecipativa. Ma potrei pure allontanarvi da tutto questo, facendovi credere che Laura, narratore onnisciente, vi direbbe tutta la verità, così potreste seguire semplicemente la trama, senza cercare di scovare le menzogne dietro a cui si nasconde la fragilità dell'autore. Laura potrebbe persino svelarvi chi è Giulio. Forse l'unico personaggio interessante. Ma se io scrittore sono uomo, come potrei dare una voce credibile a Laura? Cosa ne so di cosa passa nella testa di una donna? 
Se dovessi spuntarla tu, Mauro, porteresti il lettore dentro a un film di spionaggio, saresti il super eroe di cui la lettrice si innamora, trasformeresti la tua superficialità in sprezzo del pericolo. Regaleresti al lettore momenti di svago dentro a trame avvolgenti, convinto, come sei, che la verità è solo una: la tua. 
Insomma è un gran casino. Come si fa a essere credibili nei panni di tre persone? È la sincerità l'unica arma di cui dispone lo scrittore bugiardo per catturare il lettore? 

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